Viaggio di un atomo di carbonio

Viaggio di un atomo di carbonio

È lecito parlare di un “certo” atomo di carbonio? Per il chimico esiste qualche dubbio… nessun dubbio esiste per il narratore, il quale pertanto si dispone a narrare. Il nostro personaggio giace dunque da centinaia di milioni di anni, legato a tre atomi d’ossigeno e a uno di calcio, sotto forma di roccia calcarea: ha già una lunghissima storia cosmica alle spalle ma la ignoreremo… il banco calcareo di cui l’atomo fa parte giace in superficie. Giace alla portata dell’uomo e del suo piccone (onore al piccone e ai suoi più moderni equivalenti: essi sono tutt’ora i più importanti intermediari nel millenario dialogo fra gli elementi e l’uomo)…

1840

... nell’anno 1840, un colpo di piccone lo staccò e gli diede l’avvio verso il forno a calce, precipitandolo nel mondo delle cose che mutano. Venne arrostito affinché si separasse dal calcio, il quale rimase per così dire con i piedi per terra e andò incontro a un destino meno brillante che non narreremo; lui, tuttora fermamente abbarbicato a due dei tre suoi compagni ossigeni di prima, uscì per il camino e prese la via dell’aria. 

La sua storia, da immobile, si fece tumultuosa. Fu colto dal vento, abbattuto al suolo, sollevato a dieci chilometri. Fu respirato da un falco, discese nei suoi polmoni precipitosi, ma non penetrò nel suo sangue ricco, e fu espulso. Si sciolse per tre volte nell’acqua del mare, una volta nell’acqua di un torrente in cascata, e ancora fu espulso. Viaggiò col vento per otto anni, ora alto, ora basso, sul mare e fra le nubi, sopra foreste, deserti e smisurate distese di ghiaccio… 

… poi incappò nella cattura e nell’avventura organica… Il carbonio è l’elemento chiave della sostanza vivente: ma la sua promozione, il suo ingresso nel mondo vivo, non è agevole, e deve seguire un cammino obbligato, intricato,… Se l’organicazione del carbonio non si svolgesse quotidianamente intorno a noi, sulla scala dei miliardi di tonnellate alla settimana, dovunque affiori il verde di una foglia le spetterebbe a pieno diritto il nome di miracolo.

L’atomo di cui parliamo, accompagnato dai suoi due satelliti che lo mantenevano allo stato di gas, fu dunque condotto dal vento, nell’anno 1848, lungo un filare di viti. Ebbe la fortuna di rasentare una foglia, di penetrarvi, e di essere inchiodato da un raggio di sole. 

… questo avvenimento decisivo, questo fulmineo lavoro a tre, dell’anidride carbonica, della luce e del verde vegetale… questa chimica fine e svelta è stata “inventata” due o tre miliardi d’anni addietro dalle nostre sorelle silenziose, le piante, che non sperimentano e non discutono, e la cui temperatura è identica a quella dell’ambiente in cui vivono. Se comprendere vale farsi un’immagine, non ci faremo mai un’immagine di uno happening la cui scala è il milionesimo di millimetro, il cui ritmo è il milionesimo di secondo, ed i cui attori sono per loro essenza invisibili. 

Entra nella foglia… Aderisce a una grossa e complicata molecola che lo attiva, e simultaneamente riceve il decisivo messaggio dal cielo sotto la forma folgorante… viene separato dal suo ossigeno, combinato con idrogeno… ed infine inserito in una catena, lunga o breve non importa, ma è la catena della vita. 

L’anidride carbonica… non è uno dei componenti principali dell’aria, bensì un rimasuglio ridicolo, un’”impurezza” trenta volte meno abbondante dell’argon di cui nessuno si accorge… da questa sempre rinnovata impurezza dell’aria veniamo noi: noi animali e noi piante, e noi specie umana, coi nostri quattro miliardi di opinioni discordi, i nostri millenni di storia, le nostre guerre e vergogne e nobiltà e orgoglio. 

Ora il nostro atomo è inserito: fa parte di una struttura,… E’ una bella struttura ad anello, un esagono quasi regolare, che però va soggetto a complicati scambi ed equilibri con l’acqua in cui sta sciolto; perché ormai sta sciolto in acqua, anzi, nella linfa della vite, e questo, di stare sciolti, è obbligo e privilegio di tutte le sostanza che sono destinate a (stavo per dire “desiderano”) trasformarsi. 

È entrato a far parte di una molecola di glucosio… che lo prepara ad un primo contatto con il mondo animale, ma non lo autorizza alla responsabilità più alta, che è quella di far parte di un edificio proteico. Viaggiò dunque, col lento passo dei succhi vegetali, dalla foglia per il picciolo e per il tralcio fino al tronco, e di qui discese fino a un grappolo quasi maturo. Quello che seguì è di pertinenza dei vinai: a noi interessa solo precisare che sfuggì (con nostro vantaggio, perché non lo sapremmo ridurre in parole) alla fermentazione alcoolica, e giunse al vino senza mutare natura. 

È destino del vino essere bevuto, ed è destino del glucosio essere ossidato. Ma non fu ossidato subito: il suo bevitore se lo tenne nel fegato per più di una settimana, bene aggomitolato e tranquillo, come alimento di riserva per uno sforzo improvviso; sforzo che fu costretto a fare la domenica seguente, inseguendo un cavallo che si era adombrato. 

Addio alla struttura esagonale: nel giro di pochi istanti il gomitolo fu dipanato e ridivenne glucosio, questo venne trascinato dalla corrente del sangue fino ad una fibrilla muscolare di una coscia, e qui brutalmente spaccato in due molecole di acido lattico, il tristo araldo della fatica: solo più tardi, qualche minuto dopo, l’ansito dei polmoni poté procurare l’ossigeno necessario ad ossidare con calma quest’ultimo.

Così una nuova molecola di anidride carbonica ritornò all’atmosfera… nuovo vento, che questa volta porta lontano:… siamo sul Libano e la danza si ripete. L’atomo di cui parliamo è ora intrappolato in una struttura che promette di durare a lungo: è il tronco venerabile di un cedro, uno degli ultimi; è ripassato per gli stadi che abbiamo già descritti, ed il glucosio di cui fa parte appartiene, come il grano di un rosario, ad una lunga catena di cellulosa. …

1868

… diremo che dopo vent’anni (siamo nel 1868) se ne occupa un tarlo. Ha scavato la sua galleria fra il tronco e la corteccia, con la voracità cieca e ostinata della sua razza… ha ingoiato e incastonato in se stesso il soggetto di questa storia; poi si è impupato, ed è uscito in primavera sotto forma di brutta farfalla grigia …..: lui è là, in uno dei mille occhi dell’insetto, e contribuisce alla visione sommaria e rozza con cui esso si orienta nello spazio. 

...ma la morte degli atomi, a differenza della nostra, non è mai irrevocabile. Ecco al lavoro gli onnipresenti, gli instancabili e invisibili becchini del sottobosco, i microrganismi dell’humus. La corazza, con i suoi occhi ormai ciechi, è lentamente disintegrata, e l’ex bevitore, ex cedro, ex tarlo, ha nuovamente preso il volo… Ogni duecento anni, ogni atomo di carbonio che non sia congelato in materiali ormai stabili (come appunto il calcare, o il carbon fossile, o il diamante, o certe materie plastiche) entra e rientra nel ciclo della vita, attraverso la porta stretta della fotosintesi. 

 … questa storia, del tutto arbitraria, è tuttavia vera. Potrei raccontare innumerevoli storie diverse, e sarebbero tutte vere: tutte letteralmente vere, nella natura dei trapassi, nel loro ordine e nella loro data. Il numero degli atomi è tanto grande che se ne troverebbe sempre uno la cui storia coincida con una qualsiasi storia inventata a capriccio. Potrei raccontare storie a non finire, di atomi di carbonio che si fanno colore o profumo nei fiori; di altri che da alghe minute a piccoli crostacei, a pesci via via più grossi, ritornano anidride carbonica nelle acque del mare, in un perpetuo spaventoso girotondo di vita e di morte, in cui ogni divoratore è immediatamente divorato. 

È di nuovo tra noi, in un bicchiere di latte. E’ inserito in una lunga catena, molto complessa, tuttavia tale che quasi tutti i suoi anelli sono accetti al corpo umano. Viene ingoiato…… bussa alla porta di una cellula nervosa, entra e soppianta un altro carbonio che ne faceva parte. Questa cellula appartiene a un cervello, e questo è il mio cervello, di me che scrivo…… fa sì che la mia mano corra in un certo cammino sulla carta, la segni di queste volute che sono segni; un doppio scatto, in su e in giù, fra due livelli d’energia guida questa mia mano ad imprimere sulla carta questo punto: questo. 

Tratto dal libro "Il Sistema Periodico" Primo Levi  (Einaudi)


Questo racconto di Primo Levi mi ha sempre affascinato perché, meglio di qualunque libro di  chimica, ci fa veramente entrare dentro il mondo degli atomi e delle molecole, accendendo la  nostra fantasia.  Vista a questo livello microscopico, la materia rivela di non essere qualcosa di inerte. Non  solo perché è percorsa da un “fremito” che noi non percepiamo (dovuto all’agitazione termica di  atomi e molecole ed al movimento degli elettroni che “orbitano” intorno ai nuclei a milioni di  miliardi di giri al secondo...), ma perché continuamente atomi e molecole si aggregano e si  separano, generando tutto quello che vediamo intorno a noi.  

Così come le lettere di base dell’alfabeto combinandosi tra loro nei modi più diversi possono  formare qualunque parola, frase o libro, analogamente gli elementi chimici di base,  combinandosi tra loro, possono dar origine a una roccia, a un metallo, a un diamante, a un  giacimento di petrolio, o a un essere vivente. Dipende dal “montaggio” degli atomi. Atomi che  passano indifferentemente da una struttura all’altra legandosi tra loro, poi staccandosi, poi  legandosi nuovamente con altri, a seconda delle condizioni chimiche e fisiche in cui vengono a  trovarsi (temperatura, pressione, ecc.).  Primo Levi, in questo racconto, segue il viaggio di un atomo di carbonio. 

Non a caso, perché  il carbonio è proprio l’atomo che grazie alle sue capacità di creare strutture complesse è alla  base della cosiddetta “chimica della vita”. E ci fa vedere come un atomo di carbonio possa  passare appunto da una roccia a una foglia, a un essere umano, per poi diventare un gas  dell’atmosfera, in attesa di rientrare magari nel ciclo della vita.  Anche il nostro corpo, infatti, è una struttura in perenne trasformazione, con atomi e molecole  che entrano e escono, in un continuo montaggio e smontaggio. 

Gli atomi di carbonio, ossigeno,  idrogeno, azoto, ecc., che formano oggi i nostri occhi o il nostro cervello, erano ieri dentro un  vasetto di marmellata, o in una mela cotogna. Prima ancora erano in un sacchetto di fertilizzanti  o in una goccia di pioggia. Domani saranno in un fiume. Magari entreranno nel metabolismo di  un pesce, oppure resteranno per millenni sepolti in fondo al mare.  È a tutto questo che ci fa pensare il bellissimo racconto di Primo Levi. 

E anche al fatto - cui  si fa solo un breve accenno - che tutti gli atomi intorno a noi, e dentro di noi, hanno viaggiato per  tempi lunghissimi nel buio del cosmo, dopo essere stati generati all’interno di grandi stelle e  “sparati”’ nello spazio da immani esplosioni.  Una storia della vita “invisibile”, insomma, ma che ci mostra come la fisica e la chimica  possano aprirci finestre straordinarie. Che di solito rimangono chiuse.  

Piero Angela